La Resistenza nuda e cruda La Nuova Sardegna del 04/04/2007
Il partigiano Facio (Dante Castellucci), il braccio destro di Aldo Cervi, l’eroe della battaglia del Lago Santo parmense, della Lunigana e della Valle del Taro, fu fucilato il 22 aprile 1944 a Calzavitello. Dai fascisti? No. Dai tedeschi? No. Risposta: dai partigiani del “Battaglione Signanini”. L’accusa? Sabotaggio; falsificazione; appropriazione indebita e ordini errati. Questa è la storia del piombo. Ora consideriamo quella dell’argento.
In ricordo del partigiano Facio nel 1963 venne conferita una medaglia d’argento in quanto: “..scoperto dal nemico, si difendeva strenuamente; sopraffatto e avendo rifiutato di arrendersi, veniva ucciso sul posto. Esempio fulgido del più puro eroismo”.
Un falso storico clamoroso.
Ciò che spaventa nella storia della Resistenza non sono i casi “Facio”. Chi può meravigliare che fatti di vendetta personale, giustizia sommaria e belluina, contrassegnassero una guerra civile durissima e senza esclusione di colpi? Nessuno storico un po’ serio può gridare allo scandalo e al vituperio. Ciò che scandalizza di più è che questi falsi siano stati poi usati come strumento retorico e politico. Una volta finita la guerra, di quanta retorica ha avuto bisogno la “Resistenza” per vincere i suoi nemici? Di quante menzogne ha avuto bisogno la “Resistenza” per coronare il successo militare e politico?
Ciò desta viva preoccupazione perché la Repubblica nata dalla “Resistenza” non può nemmeno per un secondo pensare di fondarsi “anche” sulla menzogna. Ma forse non si sta esagerando? Forse. Ma se andate a leggere le lunghe pagine scritte da Carlo Spartaco Capogreco (Il piombo e l’argento. La vera storia del partigiano Facio, Donzelli, 2007, € 24,50), vi renderete conto che il caso Facio fa parte di un ecosistema complesso, che ha resistito alla verità per anni, che ha saputo insabbiare e allontanare la verità in nome di verità superiori e più grandi e più importanti.
Il problema di fondo è proprio questo: esistono verità minori e verità superiori, verità oggettive, verità storiche, quelle emanate dal partito o da chi per lui, e verso le quali si deve obbedienza. Il partito in questione era il Partito comunista che doveva ridurre il peso del Partito d’azione troppo forte nelle zone dell’Appennino ligure-toscano. Così vien fuori che alla “guerra civile” tra fascisti e antifascisti, ne va aggiunta un’altra: quella interna, tra antifascisti democratici e comunisti. È una guerra subdola, tra alleati, ma spietata e senza esclusione di colpi. L’esempio friulano, quello della Malga Porzus, calza a fagiolo.
Il bel libro di Capogreco , dotato di un forte senso della narrazione, fondato su solidi richiami bibliografici e documentaristi, è una pietra miliare della storiografia libera e non ciecamente militante. Senza indulgere a nessuna moda revisionistica, lontano da ogni curvatura ideologica, il libro ha il merito di dire la verità, e di far percepire, nonostante tutto, l’autentica simpatia, solida e forte, per la causa partigiana.
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